Canto dei Bischeri

L’orologio indicava il suo ritardo all’appuntamento per un colloquio di lavoro in una discoteca, un dato di fatto rimuginato durante il percorso, lungo le colorate vie tra clacson e pedoni in difficoltà, visto che le meravigliose, pensava, aree pedonali erano ancora da venire. Dopo Seveso si stavano chiudendo gli inceneritori ma quello di San Donnino era ancora in funzione… fino… pensava: chiuderà nel 1986 per poi riaprire come isola del riuso nel… concentrandosi poté vedere che avrebbe riaperto nel lontano 2005. Percepiva il futuro come un’epoca malsana persino peggiore della presente, riverniciata di fresco con una lieve pittura d’ipocrisia. Camminava con il solito brulichio nel cervello, frugando nel suo passato recente. Si ricordava di un esame di Storia contemporanea. La domanda della docente era già presente nella sua mente prima di essere pronunciata: “In che anno scoppiò la guerra di Corea?”. Ma vaffanculo, pensò, il solito nozionismo, questa non è cultura, vaffanculo… 1950. Lei dopo uno smagliante sorriso aveva posto la firma accanto a un bel trenta. Lo stesso gli stava capitando adesso, sapeva che nel suo futuro non era scritto di miscelare long drink e cocktail alla clientela di una discoteca ricavata in uno scantinato di un palazzo storico. È ancora possibile, aveva pensato, ma quando sarà avvenuto l’incendio al Cinema Statuto, non potrete permettervi un locale così angusto senza maniglioni antipanico alle porte e senza uscite di sicurezza. A proposito professoressa, in che anno ci fu l’incendio in un cinema di Torino che provocò la morte di sessantaquattro persone? Non lo sa? Ah sì? 1983, mi spiace dottoressa, riprovi un’altra volta. Adesso il brulichio era potente, talmente intenso da sconfinare in un acuto mal di testa. Si trovava in Piazza del Duomo a pochi passi dal Canto dei Bischeri dove avrebbe voltato in Via dell’Oriuolo. Andava spedito per non arrivare in ritardo… un colloquio per un lavoro da barman in discoteca… che non avrebbe ottenuto. Si soffermò un attimo ad ammirare i suoi bellissimi pantaloni a zampa d’elefante che coprivano quasi del tutto le scarpe a punta e toccò lo smisurato colletto della sua aderente camicia, decorata con girigogoli di colorati motivi floreali, sentendo che quei vestiti non sarebbero tornati di moda per tutti fino… no… pensò, riesco a vedere a malapena gli albori del nuovo millennio, non arrivo tanto lontano. Si fermò indeciso sul da farsi. Sentiva l’approssimarsi di un urto, un colpo, essenziale, ineluttabile. Era il destino che bussava alla porta. Il caso sarebbe giunto d’improvviso, in un attimo, e gli avrebbe cambiato la vita. Ma sì, pensò, sento che questa è la volta buona. Allungò il passo e voltò con precisione, nell’attimo esatto, calcolato al millesimo dal fato, e immediatamente… avvenne. Sentì un colpo violento sotto il torace, un urto, una ragazza, una splendida biondina, sorridente, con alcuni libri tenuti insieme da una cinghia elastica… (Svaniranno, pensò. Un domani solo zaini) …gli andò a sbattere sull’addome cadendo in terra. Lui si chinò per aiutarla, le prese i libri espulsi dalla cinghia caduta ad alcuni metri di distanza. La guardò negli occhi e…. si innamorò. Il volto della ragazza era un effluvio di colori, un’esplosione di sorrisi; dalle sue labbra esondavano allo stesso tempo sensualità e ingenuità. Era di una bellezza naturale, un volto acqua e sapone, non truccato, portava con grazia una gonna plissettata a fiorellini di seta trasparente sotto cui si intravedevano due gambe meravigliose. Si conobbero, si amarono, frequentarono corsi differenti, ciononostante a ogni esame sostenuto da uno, l’altro era sempre presente. A distanza di alcuni anni festeggiarono le loro lauree e dopo alcuni mesi trovarono un impiego in un’epoca giunta al confine tra il lavoro e l’eterna formazione. Era talmente innamorato da non sentire per anni il famoso brulichio e ne era felice. Non voleva conoscere il suo futuro in anticipo, provava una sensazione di dolore, incassato come un colpo compatto, uno schiaffo che avrebbe voluto prendere a piccole dosi, giorno dopo giorno, ora dopo ora, momento dopo momento. Voleva bere la sua vita lentamente, gustando ogni attimo di sole che era destinato a ricevere. Era felice. Nacquero i figli. Crebbero. Finché il sole si affievolì, i raggi si spensero, le ombre calarono, ricominciarono i primi disturbi. Rivide il futuro. Sentiva che sua moglie lo tradiva. Immerso nella felicità non si era accorto del momento in cui qualcosa si era spento, forse una incomprensione, l’abitudine, forse un evento differente, un momento di diversità, gusti diversi… Forse tutto era iniziato quel giorno in cui a Boboli suonavano i Sigur Rós e lei aveva deciso di andare a vederli, ma lui si era recato al Maggio ad ascoltare Ligeti. Si salutarono sorridenti. Si dissero che ognuno deve essere libero, ma fu un saluto differente, un saluto di due amanti consapevoli di una relazione giunta al capolinea. Mi tradisce con uno più giovane. Maledetta. La sua mente gli fece vedere due corpi nudi in una stanza d’albergo e vide la felicità negli occhi di sua moglie, rivide nel suo sguardo la stessa luce dei primi giorni del loro amore. Quella mattina camminava veloce in Piazza del Duomo, con una pistola in tasca, sapeva che lei sarebbe uscita dall’albergo a quell’ora esatta e che l’avrebbe incontrata dietro l’angolo. Le avrebbe sparato, l’avrebbe colpita in mezzo alla strada davanti a tutti. Si guardò i vestiti, indossava un giubbotto, un paio di jeans e una maglietta bianca, tutta robaccia comprata con pochi euro sulla bancarella di un mercatino, comprese le scarpe. Roba venuta forse dalla Cina o fabbricata nei capannoni di Prato, forse. Camminava veloce e vedeva oltre l’angolo il volto disteso e felice di sua moglie, identico a quello di trenta anni prima. Portava una borsa di Gucci indossando eleganti vestiti firmati, ma lui avrebbe voluto rivedere la cinghia con i libri e quel vestito a fiorellini. Si guardò meglio, guardò l’angolo. Le sue scarpe erano scomparse sotto i pantaloni, ricominciarono i clacson, la gente era più colorata. Com’è strano, pensò, li chiameranno anni di piombo, e ce li immagineremo in bianco e nero, eppure per le strade vivono i colori, i colori inondano il cielo, l’aria, i colori sono ovunque. Decise di fermarsi, di non voltare l’angolo. Finché la vide. Era bellissima, aveva i libri sotto braccio contenuti da una cinghia, stava andando a seguire un corso di matematica e, soprattutto, portava una bellissima gonna a fiorellini. La guardò, sorridendole. Lei si soffermò un attimo, gli sorrise come attratta dalla sua gentilezza. Lui fece per dirle qualcosa, pur di fermarla, stava per dirle: riproviamo? Ma cosa! Non la conosceva ancora. Un attimo, solo uno. Lei si riprese da un velato smarrimento, i suoi occhi tornarono a vedere i pensieri e proseguì per la sua strada. La guardò allontanarsi, poi, lentamente, molto lentamente, sollevò lo sguardo al cielo e sospirò: “Maledetto brulichio. Non ne posso più!”. Proseguì lungo via dell’Oriuolo per recarsi al colloquio per un posto di barman che non avrebbe ottenuto. Si asciugò con la mano una lacrima che stava rigando il suo volto.

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10 risposte a Canto dei Bischeri

  1. Daniela ha detto:

    l’amore nel suo double face, estasi e tormento che può sfociare nell’ossessione se non se ne accetta la trasformazione che il tempo riserva

    • LuxOr ha detto:

      Sì, proprio così. Una triste rinuncia, la mancanza di coraggio di non rischiare la propria estrema debolezza che non riesce a comprendere l’amore. Grazie del commento, Daniela. Un caro saluto

  2. silviadeangelis40d ha detto:

    L’amore nei tempo trasmette impulsi diversi….difficili da accettare, nell’animo avvezzo a grandi e indimenticabili emozioni iniziali….
    Un brano molto ben congengato, nei suoi attenti particolari, che ho molto apprezzato per stile e contenuto.
    Buona domenica e un caro saluto,Luciano,silvia

  3. le hérisson ha detto:

    un racconto davvero particolare che mi ha lasciato il magone ^_^

    • LuxOr ha detto:

      Ah, mi dispiace. Triste, è vero. Ho cercato di esprimere la mia convinzione che bisogna vivere in pieno l’amore e tutto quello che la vita ci dona, senza ansia per il futuro, o almeno senza pensarci fino in fondo, altrimenti rimarremo sempre con la nostra lacrima sulla guancia. Grazie. Un caro saluto 🙂

      • le hérisson ha detto:

        Ho inteso il messaggio contenuto nel racconto e non è in senso negativo il mio magone ma è per emozione, riflessione, nostalgia, dispiacere per la sorte di quell’amore…
        Un sorriso immenso a te

      • LuxOr ha detto:

        Certo. Lo so. Anzi, ho colto l’occasione del tuo gradito commento per avermi permesso di esprimere il dolore che porto con me a causa delle tante occasioni a cui ho rinunciato per la mia paura di vivere. E per questo ti ringrazio sentitamente.

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