Timida la notte irrompe
come un refolo palese
poiché un verso corrompe
per disegnare un paese
antico, perduto nella marina.
Violacei temporali all’orizzonte
nella darsena, correndo sul ponte
presto arrivo alla mia casa vicina.
Svelto! Lesto, un flacone d’eparina.
Agonizza mia madre e già la morte
veloce improvvisa, una malasorte,
imperterrita adesso le è vicina.
Un mondo intero è vano.
Distratto poi stanco
affondo nel divano;
l’eco adesso, affianco,
di voci amiche morenti
dentro il mio mondo smarrito.
Non sono più atterrito
le mie palpebre cadenti
sento il mio corpo strano
arreso al cosmo tutto
avvilito dal lutto.
Ricordo la mia mano
in una vecchia fotografia
emersa dal tempo in bianco e nero
dietro le spalle di una bambina
un paese perso nella marina.
Lontano mia madre vestita in nero
un “mi piace” sarebbe privo della delicatezza per questi versi duri di vita, ma pur pregni di quel ricordare necessario a non disperdere le stesse vite
Grazie erospea. In effetti volevo restituire un attimo di depressione causata dal ricordo dei momenti vissuti una notte, quando mia madre se andò, legato, non so perché, al ricordo di una vecchia foto in bianco e nero scattata sul lungomare di un paese toscano in cui, bambino, poso il braccio sulle spalle di una bambina. Difficile spiegare il sapore amaro del dolore provato. che non sono riuscito a esprimere al meglio neppure con questa poesia.
Mi piace!!
Grazie 🙂
l’ho collegata immediatamente a quella che hai scritto di recente “Romperà la tv” .qui si avverte la freschezza del dolore, quella che gonfia occhi e cuore e quasi rompe ogni capacità di esprimere.
Sì, mi venne di getto dopo avere visto una foto di mia madre da piccola. E d’improvviso mi ritrovai nel giorno del lutto e tutte le sensazioni, quel senso d’amarezza, di… di perdita, l’amaro dell’assenza… grazie Daniela. Un caro saluto.